MONTAGNE IRRIPETIBILI

Lucca (Toscana), 2018

© Alberto Canocchi

Il Parco regionale delle Alpi Apuane si estende tra le province di Lucca e Massa-Carrara ed è famoso in tutto il mondo per il Marmo Bianco di Carrara, un materiale di altissimo pregio. Il territorio apuano si intreccia fortemente con il marmo: è stato il principale motore dell’economia locale fin dai tempi di Giulio Cesare, che ordinò la prima escavazione intorno al 42 A.C.. Il marmo non ha solamente condizionato l’aspetto economico del territorio, ma anche quello culturale: con esso sono stati creati tra i più grandi capolavori dell’arte e dell’architettura, un vero vanto che riecheggia negli apuani. Il cavatore era, ed è ancora, un lavoro logorante e pericolosissimo, che fino ai primi anni ’60 sfamava fino a 10’000 famiglie su tutto il territorio, adesso coperto dalla giurisdizione del Parco. Fino a 50 anni fa per staccare un blocco dal versante della montagna si impiegavano giorni; il processo comprendeva liberare una parte della parete rocciosa dalle rocce e terre superficiali con una o più detonazioni di dinamite, un processo chiamato ‘Vara’, per poi procedere a staccare il blocco desiderato con un filo elicoidale azionato a mano da almeno tre persone e, infine, portarlo a valle dove veniva lavorato o spedito via nave dal porto di Carrara: era un’impresa titanica a bassissimo rendimento di materiale. La rivoluzione è avvenuta nel 1964, con l’invenzione del filo diamantato. Da un giorno all’altro i cavatori hanno cambiato radicalmente il modo di lavorare: dal dover staccare i blocchi segandoli a mano, si ritrovarono a lasciar fare il lavoro a una macchina che fa lo stesso lavoro oltre 35 volte più velocemente rispetto al passato, con costi più contenuti. Il risultato è una velocità di estrazione impressionante: negli ultimi 20 anni si sono estratti più marmo e carbonato di calcio che in 2000 anni di storia, con poco più di 650 operai su 188 cave. Il ritmo è di 5 milioni di tonnellate all’anno. “Col passare degli anni [noi Carrarini] ci siamo abituati a veder scomparire vette da un giorno all’altro, è un paesaggio in costante evoluzione - o distruzione” dice il Prof. Sansoni, presidente di Legambiente Carrara. La maggior parte dei blocchi grezzi pregiati partono dal porto di Carrara per essere esportati in tutto il mondo, particolarmente in Arabia Saudita, Dubai, Qatar, Cina e Russia, per una ricaduta economica sul territorio piuttosto bassa rispetto all’esportazione di un prodotto lavorato e finito, lamentano gli attivisti. Oltre all’alterazione del paesaggio, quando si verifica una pioggia consistente l’acqua dei torrenti si tinge di bianco. Colpa dell’immissione nel sistema carsico della “marmettola” - polvere di taglio dei marmi delle cave a monte - che viene dilavata dai piazzali di lavorazione e trasportata nei torrenti. L’accumulo dei materiali va a modificare il tessuto idrico interno delle montagne, come accade con il colesterolo nelle vene. È inquinante per azione meccanica e di fatto impermeabilizza il terreno con il conseguente rischio per gli habitat naturali di specie animali e vegetali e una predisposizione ad alluvioni imprevedibili, l’ultima nel Settembre 2014, con 5 mila famiglie affette e danni per 2 milioni di Euro. Lo stoccaggio delle polveri e l’escavazione d’altura sono regolati dalla legge Italiana e internazionale, ma non significa che vengano rispettate ovunque: nell’Agosto 2018 i Carabinieri della Forestale, con la collaborazione di ARPAT e la Regione Toscana, hanno revocato i diritti di estrazione a 6 delle 170 cave attive nel Parco per violazione dei perimetri d’estrazione.