Vapore dal sottosuolo

Amiata (Toscana), 2017

© Luca Cerabona

Per la prima volta al mondo, a Larderello, il 4 luglio del 1904 il principe Piero Ginori Conti accese quattro lampadine sfruttando l’energia geotermica. Ancora oggi il calore presente nel sottosuolo toscano riveste notevole importanza energetica: la geotermia soddisfa più di un quarto (26,5%) del fabbisogno di energia elettrica della regione e fornisce calore utile a riscaldare più di 9000 utenze e 25 ettari di serre.

Ma la geotermia ha un costo ambientale ingente, come evidenzia uno studio congiunto dei ricercatori della fondazione Monasterio, del Cnr di Pisa e dell’ARS Toscana, che spiega che le emissioni sono composte principalmente da anidride carbonica (85,4%), idrogeno solforato (1-2%) e metano (0,4%) e in misura minore da azoto e idrogeno. Accanto a elementi e composti come l’ammoniaca, il mercurio, l’arsenico e l’antimonio. Lo stesso studio riporta nelle conclusioni un incremento del 30% rispetto alla media regionale della mortalità per tumori nei comuni di Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio e Arcidosso; più in generale questi comuni presentano un eccesso di mortalità maschile del 13% rispetto ai comuni limitrofi.

Tale eccesso di mortalità è stato attribuito alle esposizioni professionali e agli stili di vita degli abitanti dell’Amiata, tuttavia un nuovo studio dell’ARS Toscana, che ha preso in esame fattori di rischio quali il consumo di alcolici, tabacco e carne e l’attività fisica svolta, non individua nessuna correlazione significativa tra questi fattori e l’incremento di mortalità. Piuttosto, secondo uno studio pubblicato sulla rivista specializzata QualEnergia, «nell’anno 2010 sono state emesse in Toscana dalle centrali geotermiche circa 10 mila tonnellate di H2S e di NH3, e nella zona dell’Amiata 1741 tonnellate di H2S e 4334 tonnellate di NH3)».

Per intendere l’impatto causato da una tale quantità di emissioni vale la pena indicare l’analisi costi-benefici condotta nell’ambito del programma europeo CAFE (Clean Air for Europe) che ha quantificato il valore medio del danno ambientale generato dall’NH3 in Italia pari a 20,5 € per kg di NH3 emesso. A questo si aggiunge la formazione in atmosfera di materiale particolato secondario quale PM 10 e PM 2,5 universalmente riconosciuti come nocivi per l’apparato respiratorio.

L’OMS stima che ogni anno nel mondo muoiano oltre 2 milioni di persone a causa della respirazione di particelle PM10.