LA FIABA DI PORTO MARGHERA - 80 ANNI D'INDUSTRIA PETROLCHIMICA
Marghera (Veneto), 2014
© Francesco Bonomo
“Un giorno la storia di Porto Marghera verrà raccontata come una fiaba”, scrivevano i giornali italiani nel 1925, quando il sogno della creazione dal nulla di una città industriale nella laguna di Venezia stava per cominciare. E per un secolo Marghera è stata sinonimo d’industria chimica e petrolchimica, fino al lento declino cominciato alla metà degli anni Settanta, e alla dolorosa consapevolezza dell’enorme emergenza ambientale, sanitaria, e sociale che a oggi sono ancora vive e presenti.
Del polo chimico e petrolchimico oggi rimane solo lo scheletro, gli edifici abbandonati e fatiscenti a memoria di un periodo in cui 40.000 persone vi lavoravano e più del doppio dipendevano da essa, e in cui molti furono uccisi da tumori causati dalle sostanze cancerogene che vi si lavoravano.
L’eredità del petrolchimico è la contaminazione di milioni di metri cubi di terre e acque, con alte concentrazioni nel terreno e nelle acque di falda di arsenico, cadmio, selenio, piombo, rame, zinco, BTEX, PCB, PCDD, IPA, idrocarburi leggeri e pesanti, composti alifatici clorurati, ferro, alluminio, manganese,1,1, dicloroetilene, 1,2 dicloropropano, tricloroetilene, 1,2,3 tricloropropano, tetracloroetilene, clorurati, tribromometano, dibromoclorometano, idrocarburi leggeri e pesanti, BTEX, PCB, IPA, e con una maggiore incidenza di tumori al colon-retto e ai polmoni.
Nonostante l’inserimento di Marghera nella lista dei SIN risalga al 1998, le bonifiche dei 5800 ettari dell’area identificata proseguono a rilento, con solo il 10% effettivamente messo in sicurezza.
Il costo per la messa in sicurezza del SIN è stimato intorno ai 1500 milioni di euro.