Toxic (H)Illness

Campania, 2015

© Filippo Zoccoli

Veniamo al mondo con una promessa di vita, una promessa di vita che qui - dove tutto è tossico e nocivo - ci ha traditi.

L’espressione Terra dei fuochi è poco gradita al popolo campano. Il gergo giornalistico non riesce quasi mai a esprimere appieno l’entità dello scempio. Per gli abitanti del napoletano e del casertano il tradimento della propria esistenza non ha bisogno di metafore amare, basta presentare la realtà per quella che è: terra di rifiuti tossici e nocivi. Così viene definita da Ferdinando Palmers, attivista della Oceanus Onlus, che nell’anno 2009 si è occupata di svolgere un lavoro statistico e di ricerca nel quartiere napoletano di Pianura, producendo infine polemici Souvenir da Pianura, Napoli – Tenere lontano dalla portata di chiunque!, ossia vasetti così etichettati contenenti terreno inquinato da rifiuti tossici prelevato in zona.

La Campania è il ricettacolo di scarti altrui, del Nord Italia come d’Oltreoceano. E’ una terra ormai satura, che non ama più i suoi frutti, esito di un lavoro lento e sistematico nella sua distruttività, silenzioso sino a diventare assordante.

Questo è testimoniato dalla Relazione Balestri: trecento pagine, un elenco martellante di analisi territoriali effettuate tra il 2008 e il 2010 e successivamente consegnate alla Direzione Distrettuale Antimafia del Tribunale di Napoli. Emerge che tra il 2000 e il 2003 il disastro ambientale avrebbe potuto essere arginato se “le analisi Arpac (Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania, ndr) non fossero state non corrispondenti alla realtà [...] e ‘indirizzate’ verso valori favorevoli”.

L’amara verità diventa agghiacciante se si pensa che oggi in Campania al business dei rifiuti si affianca quello della chemioterapia.