La bonifica d’oro

Borgo Montello (Lazio) 2015

© Marco Leonardi

Montello è un piccolo colle del trevigiano che nella prima guerra mondiale vide l’esercito italiano fermare l’avanzata austro-ungarica e gettare le basi per la gloriosa battaglia di Vittorio Veneto. Da queste terre provengono gli uomini che, tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, bonificarono l’Agro Pontino, trasformando la malaria in prodotti agricoli d’eccellenza, una palude immensa nella “Valle d’Oro”.
Oggi in queste terre si parla ancora di bonifica. Ma si tratta, di quella degli invasi della discarica di Borgo Montello. Nata nei primi anni Settanta come punto di raccolta comunale in prossimità del fiume Astura, la discarica vede subito crescere le proprie dimensioni sino a diventare, con i suoi nove invasi, la quarta in Italia e la seconda nel Lazio, dopo Malagrotta. La negligenza delle società di gestione succedutesi negli anni e la connivenza degli enti pubblici rendono dunque necessaria l’attuazione di un processo di bonifica e il relativo adeguamento della discarica alle norme vigenti. Alla fine degli anni Novanta il sito versa ancora in condizioni disastrose, con laghi di percolato a contatto con il terreno e invasi esposti alle piogge e al vento. Le indagini svolte accertano la presenza di metalli e inquinanti organici nella falda acquifera adiacente. 

Le infiltrazioni mafiose hanno aggravato ancora di più la situazione. Alla mala gestione delle procedure ordinarie si affiancano i dubbi sullo sversamento di rifiuti tossici e fanghi nucleari, sollevati dalla testimonianza di Carmine Schiavone, pentito di mafia ed ex cassiere dei Casalesi, e mai adeguatamente verificati. Schiavone identifica la zona come una seconda terra dei fuochi e asserisce che negli anni Novanta “Latina faceva provincia di Casale” (di Principe n.d.r), spiegando come la camorra fosse presente sul territorio e coinvolta nelle attività economiche della provincia. Nel marzo del 1995 l’omicidio (mai risolto) di Don Cesare Boschin, anziano parroco in prima linea nella denuncia degli illeciti commessi in discarica, fu un monito efficace: mise a tacere i tentativi di rivolta della comunità locale e da allora nessun vero comitato attivo è stato più in grado di lottare per il territorio. 

A pochi chilometri dalla discarica sorge la centrale elettronucleare Latina, la prima d’Italia a entrare in funzione nel 1964. La centrale è ora in dismissione, ma i rilevamenti effettuati nel 2014 dalla stessa società proprietaria (Sogin) hanno evidenziato la contaminazione della falda acquifera sottostante da cloruro di vinile, sostanza tossica e cancerogena, con livelli pari a venti volte il limite consentito.  

Sia la centrale nucleare chela discarica sono lambite da campi coltivati. 

Poche e sporadiche le verifiche da parte degli enti preposti e forte la negligenza nell’attuazione di piani di recupero per le falde acquifere. Di tumori e malattie si parla solo tra la gente del posto. 

Tutto tace e la terra promessa all’inizio del secolo scorso è di nuovo un miraggio.