FÀ CHE A ME NON ACCADA
Ciò che rimane nella terra dei fuochi

(Campania), 2022

© Jacopo Papucci

Nei campi del casertano e del napoletano, nell’area nota come Terra dei Fuochi, agli angoli delle strade rifiuti di ogni tipo si mescolano all’erba alta e alle sterpaglie. Quando le cataste diventano troppo alte o troppo ingombranti, si appicca il fuoco per potersene sbarazzare, creare altro spazio e ricominciare da capo. In quest’area le industrie internazionali hanno sversato illegalmente per più di 30 anni rifiuti di origine tossica e radioattiva, grazie ad accordi presi con le organizzazioni criminali locali. In quest'area l'incidenza dei tumori è superiore dell'11% alla media nazionale. 

 Oggi segni evidenti del disastro ambientale non se ne vedono più: le grandi discariche a cielo aperto sono state bonificate o cumuli di terra nascondono alla vista i rifiuti ancora intrappolati sotto. Rimangono sfumature, effetti meno evidenti ma tangibili: si manifestano sulle persone che continuano ad ammalarsi e morire.

 C’è anche una profonda affascinante connessione tra gli uomini e la terra, legati a doppio filo, come se condividessero lo stesso destino. Amore e veleno. Tanto che risulta impossibile immaginare gli uni senza l’altra. Si continua a vivere un giorno dopo l’altro, all’infinito, scambiando l’immediato per ciò che richiede tempo e fa fatica. Svendendo il futuro. E accettando la salvezza dell’oggi come una vittoria parziale e definitiva. Campa lu journu e campalu bònu. Vivi giorno per giorno, vivilo bene.

 A fronte dei volontari che segnalano quotidianamente i roghi, tengono sotto controllo i cumuli di rifiuti e pattugliano costantemente il territorio, c’è ancora chi, tra la gente, fa come se niente fosse: si chiude nell’indifferenza e rifiuta di partecipare ai cortei di protesta, alle manifestazioni. In segreto sgrana il rosario o soffia un bacio alla Madonna. Gettando uno sguardo al cielo, si fa il segno della croce e semplicemente spera: “Fà che a me non accada”.