C'ERA UNA VOLTA CERANO

Cerano (BR), 2017

© Andrea Giannetti

La centrale termoelettrica Federico II tra sequestri degli impianti e proteste della popolazione locale. 
Molti studi hanno dimostrato gli impatti negativi su salute e ambiente e diversi dirigenti ENEL sono sotto processo.

La centrale a carbone Enel Federico II è situata nella Contrada di Cerano, a pochi chilometri dalla città di Brindisi e a ridosso della riserva naturale del “Bosco di Cerano”, dichiarato Sito di Interesse Comunitario per le sue particolarità naturalistiche e per la sua biodiversità.
Con una capacità totale di 2640 MW, la “Federico II” è la prima centrale in Italia e la ventesima in Europa, per emissioni di CO2 e per costi dei danni causati dalle emissioni inquinanti.  Fa parte del S.I.N. "Brindisi" istituito dal Ministero dell’Ambiente nel 1998.
Nel 1982 l’Enel fu autorizzata alla costruzione della centrale termoelettrica a carbone ed olio combustibile, ma fin da subito gran parte della popolazione e dell’opinione pubblica si oppose fermamente alla costruzione degli impianti contestando la contemporanea presenza della centrale a Costa Morena (Brindisi Nord) e il conseguente raddoppio della potenza degli impianti e della relativa ricaduta sul territorio degli effetti inquinanti con la costruzione della centrale di Cerano a Brindisi sud. 

Il “Comitato contro l’energia padrona”, insieme ad altri movimenti ambientalisti e a gran parte della cittadinanza attiva, portò alla luce le inevitabili conseguenze negative che i nuovi impianti avrebbero avuto sull’economia agricola e sul turismo della piccola contrada pugliese.  

Nel 1987 si svolse un referendum consultivo che coinvolse 84 Comuni su 97 della provincia di Lecce e 12 comuni su 20 della Provincia di Brindisi (con un’affluenza del 60% e con picchi del 98% nei paesi più vicini alla Centrale), dove vinse il No alla centrale con una percentuale dell’88%.
Le proteste, nonostante riuscirono ad interrompere diverse volte i lavori di costruzione, non ebbero ulteriori esiti e circa dieci anni dopo la centrale di Cerano entrò pienamente in funzione.

Pochi anni dopo furono avviate diverse inchieste della magistratura e indagini di carattere ambientale ed epidemiologico ed a partire dal 2009 il problema dei danni sanitari, ambientali e sociali legati al carbone erano ormai evidenti a tutti e vennero riproposti con una protesta senza sosta dal movimento “No al Carbone”: un’evidente crescita di casi di malattie veneree, polmonari e cardiologiche tra i cittadini brindisini, l’aumento di particolari forme di tumore nelle popolazioni vicine alla centrale, il deterioramento delle colture tipiche locali e la carenza di risorse idriche con il conseguente abbandono delle terre da parte della popolazione. 

Un altro processo, partito a Dicembre 2012, ha visto imputati alcuni dirigenti dell’Enel e addetti alla manutenzione di ditte appaltatrici per gli impatti ambientali della centrale ed in particolare per la dispersione di polveri di carbone che ha provocato ingenti danni agli agricoltori dei terreni vicini all’impianto industriale. 

Negli anni, diversi studi indipendenti hanno confermato i notevoli impatti negativi sul territorio e sulla salute, ma nel Luglio del 2017 l’ARPA e la Regione Puglia hanno commissionato uno studio epidemiologico che ha affermato, ancora una volta, come l'esposizione da Anidride Solforosa (SO2) causata dalla presenza della “Federico II”, avrebbe portato ad un incremento di mortalità del 16% per tumori e ad un incremento del 115% di casi di leucemie. 

A settembre 2017 gli impianti sono finiti sotto sequestro poiché le ceneri leggere (‘dette volanti') vendute al Cementificio Cementir sarebbero state prodotte utilizzando non soltanto carbone ma anche gasolio e altri combustili. L'uso di questi ultimi avrebbe portato alla formazione di ceneri contaminate da sostanze pericolose. Ad Ottobre del 2017 un nuovo sequestro ha coinvolto l'impianto di raccolta delle acque, in quanto sarebbe stato rilasciato del carbone in mare con conseguenze disastrose sulla flora acquatica.