In Labore Virtus: Colleferro

Colleferro (Lazio), 2013

© Laura Aggio Caldon

Colleferro, cittadina a sud della capitale, rappresenta un caso emblematico dell’emergenza ambientale in Italia. Il suo territorio ospita oggigiorno due termovalorizzatori al centro di un aspro conflitto sociale. Come spesso accade, le cause del disastro ambientale che interessa la zona e che ha portato alla drammatica contaminazione del secondo bacino idrico del Lazio, il fiume Sacco, sono da ricercare tra le pieghe della sua storia. Fin dal 1912 in zona si produceva polvere da sparo ed esplosivi e lo stabilimento della Bombrini Parodi Delfino (BPD) determinò un significativo flusso migratorio dalle campagne e dai paesi limitrofi, contribuendo allo sviluppo del centro urbano attorno alla fabbrica. L’azienda, dopo la prima guerra mondiale, diversificò la sua produzione passando dai cementi alla meccanica, alle fibre tessili, alla chimica, fino alla produzione di amianto. Negli anni Settanta entra a far parte della Montedison con il nome SNIA-BPD, divenendo infine negli anni Ottanta FIAT.  

Nel 2005 l’esplosione del caso, a causa della morte improvvisa di decine di capi di bestiame e al rinvenimento, nel latte degli allevamenti della valle del Sacco, di una sostanza altamente tossica proveniente dallo scarto della lavorazione di un pesticida per uso agricolo, il lindano. Alla base di tale avvelenamento, che ha portato al conseguente abbattimento di 6000 capi di bestiame, la circostanza per cui la SNIA-BPD, come denunciato da ex-operai dello stabilimento, aveva sotterrato per decenni, indiscriminatamente, fusti di scarti industriali nei terreni. L’ARPA rinviene in queste discariche abusive amianto, metalli pesanti e decine di altre sostanze chimiche, oltre al lindano e al beta-esaclorocicloesano. 

Una prima indagine, effettuata su un campione di circa 500 abitanti, rivela che in oltre il 50% è presente beta-HCH, la stessa sostanza rinvenuta del bestiame abbattuto. I cittadini di Colleferro, riuniti in vari comitati, chiedono da tempo di estendere l’indagine a tutta la popolazione, ma l’ASL si è sempre opposta, nonostante sia stata riscontrata nella zona una rara forma tumorale, il mesotelioma maligno, riconducibile all’esposizione all’amianto. Secondo il registro nazionale dei mesoteliomi, questo tipo di tumore ha un’incidenza massima di due casi per milione di abitanti. A Colleferro, su una popolazione di 22.000 cittadini, otto sono i casi accertati finora.