L’ACQUA DEL SINDACO
Pfas alla portata di tutti

Padova, Verona, Vicenza (Veneto), 2019

© Priscilla Ghin

Pensare di non poter bere, mangiare, pescare o innaffiare l’orto, in molte parti d’Italia, risulta difficile all’economia e all’orgoglio italiano.
Nei comuni di Verona, Vicenza e Padova questo succede perché una fabbrica a Trissino, la Miteni (una società chimica di proprietà multinazionale, nata dalla composizione di Mitsubishi ed Eni, ora ICIG), ha sversato consapevolmente nelle acque superficiali sostanze chimiche dannose fin dagli anni Sessanta.
Si tratta di inquinamento dell’acqua da “Pfas”, i perfluoratialchilici usati per rendere impermeabili tessuti e materiali di utilizzo quotidiano.
Sono molecole bio-resistenti e indistruttibili, sia nell’ambiente che nel sangue e nei tessuti: il nostro organismo non è in grado di eliminarle.
Bioaccumulabili, persistenti, tossiche, interferenti endocrini e potenzialmente cancerogene, ma soprattutto inodori, insapori e incolori.
In questa zona è in corso una lotta quotidiana di sensibilizzazione da parte di cittadini, associazioni, gruppi di genitori e mamme attiviste poiché non sono state messe in opera le misure necessarie per la tutela della popolazione, una riduzione del danno e per informare la stessa cittadinanza esposta. Nel 2018, sotto la pressione dei cittadini del territorio, la Regione implementa i filtri a carboni attivi (ne aveva già installati “di nascosto” in precedenza) per diminuire la concentrazione nell’acqua, attingendo tuttavia alla bolletta degli utenti stessi.
La Regione, per anni assente, mantiene una posizione ambigua, attenta a preservare l’immagine del Veneto come territorio ricco di agricoltura e di prodotti di qualità, quando invece i prodotti De.Co., a chilometro zero, ne usciranno pesantemente penalizzati.
Nel frattempo l’inquinamento si sta espandendo a macchia d’olio, oltre le tre province citate, poiché dalle acque superficiali si addentra nelle falde acquifere, nei canali per abbeverare “i campi e le bestie”, ed emerge nel cibo, nell’acqua del rubinetto distante centinaia di chilometri dalla fonte primaria di inquinamento, nel mare, nei pesci, e quindi sulla tavola di tutta Italia.