10 MICROGRAMMI
La contaminazione da arsenico nelle acque del Viterbese

Provincia di Viterbo (Lazio), 2019

© Eliana Casale

Nel 2010 i cittadini di circa 60 comuni della provincia di Viterbo sono stati informati che non avrebbero potuto utilizzare l’acqua che avevano sempre bevuto.
La direttiva europea, redatta sotto la spinta dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), risale però al 1998 e parla chiaro: l’acqua che contiene più di 10 microgrammi di arsenico* per litro non deve essere utilizzata a scopo umano. In Italia il decreto legislativo che ne chiede l’attuazione arriva tre anni dopo, il 2 febbraio 2001, ma da quella data la Regione Lazio ne richiede più volte la deroga per posticipare il più possibile la decisione di una soluzione. Dopo la terza richiesta però, la Comunità europea non ne ha più concesse altre, avvisando che in caso di una mancata soluzione sarebbero state previste delle sanzioni.
Così con un finanziamento di circa 40 milioni di euro, in fretta e furia sono stati costruiti impianti di dearsenificazione, che si sono poi rivelati talvolta inefficienti e ulteriormente costosi per la manutenzione.
Per dieci anni i cittadini sono stati tenuti all’oscuro di questa direttiva. Dal 2010 è quindi in corso una lotta sociale e politica che vede protagonisti i comitati locali per il diritto all’acqua pubblica e potabile: tra questi Non ce la beviamo, che con lo scopo di informare correttamente i cittadini si è esposto mediaticamente denunciando l’immobilismo delle istituzioni. Anche medici locali si sono schierati, affermando che il limite di 10 microgrammi è una soglia puramente arbitraria: al di sotto, un’esposizione continuata e ripetuta all’arsenico è comunque dannosa. Essendo questa sostanza cancerogena, la tendenza deve essere ad arsenico 0.
Nonostante le diverse soluzioni finora tentate, a distanza di 20 anni dall’indicazione dell’OMS, nessuna sembra ancora essere quella definitiva.
*L’arsenico è un metalloide, naturalmente presente in natura e in particolare su terreni di origine vulcanica. È riconosciuto dallo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) come elemento cancerogeno certo di gruppo 1 e le patologie che causa sono neoplastiche, metaboliche, cardiovascolari, respiratorie. Può avere effetti tossici e cancerogeni sullo sviluppo neurocerebrale fetale e pediatrico. Uno studio del DEP (Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio) dimostra che la mortalità dovuta a queste patologie cresce in relazione all’aumentare del quantitativo di arsenico nell’area.