TEMPO DA LUPI
Una storia di conflitto e coesistenza

Trentino - Alto Adige, 2023

© Niccolò Barca

In un’epoca segnata da una repentina perdita di biodiversità, il ritorno del lupo nel continente europeo dovrebbe essere considerato una storia di successo. Ma non tutti sono d’accordo. Sull’arco alpino, dove il lupo è ormai presente da più di dieci anni, la coesistenza con questo grande predatore comporta, per alcuni, l’opportunità di immaginarsi una montagna diversa, nella quale l’uomo si pone allo stesso livello del regno animale e non al di sopra. Per altri, invece, non è solo incompatibile con la tradizione secolare del pascolo di alta quota, di cui gli allevatori di oggi sono gli ultimi, strenui difensori, ma diventa anche un limite sgradito alla libertà di cui i montanari sono così fieri e gelosi. In mezzo il lupo: un predatore che dalla notte dei tempi è il simbolo dell’animale cattivo, opportunista e rapace, pronto a sfruttare ogni debolezza per uccidere e sopravvivere. E anche se sono in pochissimi a vederlo, il lupo oggi è onnipresente: nella penombra del bosco, nei titoli di giornale, nei gruppi whatsapp e nelle campagne elettorali. E ovunque si trovi, divide.

Questo progetto, cominciato in Trentino nell’estate del 2023, racconta un conflitto che si sta inasprendo in tutto il continente europeo e che ha conseguenze importanti per il futuro del lupo. Per molti allevatori, inclusi quelli intervistati in questa occasione, la presenza del lupo rappresenta un problema che va risolto, anche se hanno idee differenti su come farlo. Ad esempio per Nichi Nones, allevatore della Malga Agnelezza in val di Fiemme, il numero dei lupi va ridotto, se non azzerato del tutto. Invece, per Giacomo Broch, presidente della Federazione degli Allevatori della Provincia di Trento, bisogna permettere agli allevatori di abbatterli ogni volta che diventano problematici. Infine per Ivan Zanoni, che porta le sue capre ogni estate a Malga Tuena nel Parco Naturale Adamello Brenta, per affrontare questa nuova minaccia gli allevatori devono essere sostenuti maggiormente dallo stato.

Dall’altra parte, molte persone si sono mosse in difesa di questa specie, sostenendo che per quanto in Italia il lupo sia considerato ad oggi numericamente in salute, smettere di proteggerlo equivarrebbe a distruggere decenni di lavoro e darebbe il via libera a una caccia indiscriminata. La stessa che lo aveva portato vicino all’estinzione all’inizio del Novecento. Per Francesco Romito, vicepresidente di Io Non Ho Paura del Lupo, un’associazione di attivisti il cui obiettivo è garantire la conservazione della specie, l’abbattimento non va escluso a priori, ma deve essere l'extrema ratio da usare solamente quando tutti gli altri sistemi di prevenzione (reti elettriche, cani da guardiania e la presenza dell’allevatore presso il pascolo) sono falliti. D’altro canto, come racconta Giulia Bombieri, ricercatrice del MUSE-Museo delle Scienze di Trento e partner del progetto europeo LifeWolfAlps, abbattere i lupi senza una vera strategia non risolverà questi problemi - a meno che non si voglia sterminarli - visto che questo animale tornerà sempre nei luoghi in cui trova prede.

Il lupo quindi, del tutto inconsapevole delle trame umane che lo circondano, getta una luce sul delicato rapporto tra esseri umani e i loro ecosistemi. Informare il pubblico sulle buone e cattive pratiche per una coesistenza con il lupo è tanto necessario quanto urgente: senza un pubblico informato basta una tragedia per disfare decenni di battaglie e ridare la caccia a questo antico predatore. Così come l’uomo ha attivamente facilitato il ritorno del lupo, l’uomo potrebbe attivamente facilitarne la scomparsa definitiva.